Carbonizzati, in fuga, vorticanti: i protagonisti della mostra Polveriera – Gott mit Unsinn, sembrano volersela dare a gambe levate. Bruno Fantelli li intrappola in istantanee veloci, partecipando alla sfida che vede contrapporsi l’immediatezza dell’opera finita a una gestazione lenta e sensibile. Le figure intese come dato esperienziale vengono piegate e fuse, raccontando il momento in cui la forma esatta scompare a favore di un incombente nonsenso. L’azione pittorica viene ragionata in questo senso come una carica esplosiva, mirata a ribaltare il passato dell’ambiente di mostra e ad evidenziare la supremazia della creatività come atto sovversivo, aggiungendo infine un significato nuovo a una già importante lista di definizioni storiografiche. Di rilievo rispetto all’organizzazione della mostra sono le sperimentazioni ultraviolette, destinate far brillare (non letteralmente!) parte delle tele; questa parodia chimico-meccanica, relativa alla destinazione dei precedenti tesori della polveriera, aggiunge un nuovo strato alla percezione orizzontale dei lavori, ampliandone le possibilità interpretative. Il nome della mostra riflette invece su una delle scritte presenti all’interno dell’edificio: “Gott mit uns”, Dio con noi, motto dei re di Prussia utilizzato successivamente dal terzo Reich nazista. Rielaborando questa forma originale, il titolo dell’esposizione si propone di evocare nello spazio un Dio selvaggio, caotico, pronto a benedire null’altro che l’assurdità ritratta dall’artista. Nel confronto con le opere spesso viene spontaneo chiedersi fino a che punto ci somiglino, quanta umanità possa essere presente nel loro eco. In questo caso è chiaro: siamo noi ad assomigliare a loro, con tutte le fortune e sfortune che la metafora implica.