Anyone can make gum. Selling is the problem.
W. Wrigley
La cultura americana è una cultura di prodotto. Il brand e la sua riconoscibilità sono la chiave per comunicare concetti e valori che qualificano il prodotto stesso e lo immettono nella quotidianità, tramite l’associazione a uno stile di vita, a una classe sociale, o a uno status-symbol. Il sistema dell’arte reagisce di conseguenza, appropriandosi del prodotto e svelandone il meccanismo – basti pensare alla Campbell Soup di Warhol. Per un artista di una giovane (non) generazione, che fin dall’inizio della sua attività si è sempre servito dei marchi e di ciò che rappresentano, è immediata la trasformazione in logo del suo stesso nome, o meglio, pseudonimo. “Bäst” è una scritta che compare da oltre 15 anni per le strade di Brooklyn, dietro alla quale si cela un erede delle pratiche di affissione e sovrapposizione che portano alla ri-scrizione dell’identità del luogo su cui si opera. Una costante nel suo lavoro è la collaborazione con altri artisti, come nel caso dell’installazione temporanea Fly Tip Theatre realizzata con Paul Insect su invito di Bansky per il suo Dismaland, o la “sala giochi” Deluxx Fluxx Arcade installata al Brooklyn Museum con il collettivo FAILE. Bäst ha anche firmato una collezione per Marc Jacobs, e lavora occasionalmente per altri brand di moda, contaminando altri ambiti della creatività che con l’arte confinano. Nei suoi lavori troviamo tessuti pregiati, toppe, paillettes e lustrini, “prelievi” da capi NIKE – in particolare dal modello “Air Jordan” ispirato proprio all’ex campione di NBA che è un personaggio-simbolo di Brooklyn –, ma anche carte di Blow-Pop, la caramella con il cuore di chewing-gum. Un po’ come le opere di Bäst, che ti attirano con la loro estetica giocosa e irriverente, e quando ti hanno catturato potresti masticarle all’infinito, e poi volerne ancora.
L’uso massiccio degli oggetti nei suoi collages ricorda la pratica della fase sintetica del cubismo per cui, per esempio, il ritaglio di giornale si identifica con l’intero giornale, ma è anche un elemento che funziona bene nella composizione: così in alcuni collages d Bäst i francobolli, i brik di succo Tropicana o il deodorante per auto dal gusto “Exotica”.
Contribuisce alla trasversalità di dell’artista anche l’assoluta discrezione che mantiene sulla sua identità: senza nome, senza età, non accetta di farsi fotografare, se non da dietro un bicchiere sollevato con cui, nascondendosi il viso, brinda alla società intera. Addirittura lascia compiere alle marionette, che lui stesso costruisce e che pilota dalle travi del suo studio, il gesto pittorico che completa alcuni dei suoi lavori. Opere che realizzano opere, nel segno della (non) casualità. Questa continua giustapposizione di piani compositivi si traduce in un’esigenza narrativa, in un’indagine presente nelle opere selezionate per la mostra Under / Above. Il libro come oggetto è il punto di partenza per la redazione di un catalogo di personaggi “tipizzati” nelle loro maschere (prima di indicare l’individuo, il termine “persona” significava “maschera” in latino) e presenti negli ambienti molto diversi tra loro frequentati dall’artista. Alcune opere sono realizzate direttamente sul retro copertina di vecchi libri, a dare un primo indizio sul mondo capovolto di Bäst. I suoi collages bifronti, sono le pagine della sua storia, e presentano i due stupefacenti lati di una stessa realtà, con un occhio di riguardo agli outsider, i veri protagonisti del popolo di Bäst. Con un riuscito remix di cultura alta e bassa, l’artista restituisce un quadro il più completo possibile, manifesto del suo stile di vita under- e above- ground, e del suo ordinato disordine, in cui ogni cosa si presta a una doppia, e in ogni caso corretta, interpretazione.
Quante volte capita, ascoltando un vinile, che il b-side si presenti a sorpresa più ricco e complesso del suo lato-a?
Michael Toomral