Denis Riva è un instancabile giocatore di parole, tanto che il suo nome d’arte, risultato dalla crasi del suo nome e cognome, è “DeRiva”. Lì, alla deriva, molto spesso manda le sue opere, lasciandole oscillare in uno spazio fluido al confine tra l’essere rimasto e l’essere partito.
In un delicato equilibrio narrativo, in punta di figure retoriche, le opere di Denis Riva sono per loro stessa natura “acquatiche”. Il riferimento a fiumi e laghi (di carta) è costante, sono paesaggi mentali, in cui fermarsi a riflettere, o a prendersi una pausa dalla vita.
È in questi luoghi che si sviluppa lo stimolo a creare, a comporre nuovi scenari in cui la dimensione pittorica lascia spazio a quella del collage, per poi tornare a imporsi con sferzate di colore puro. Accanto all’uomo, ci sono i suoi “amici”. Non sono altri uomini, bensì animali simbolici, “protettori” di una dimensione tra il domestico e il selvatico, tra l’ubbidienza e la libertà.
L’“avanzato stato di composizione” in cui si trova Denis Riva è la traduzione di uno stadio di ricerca perennemente in bilico, in un continuo accumulo di traguardi che vengono continuamente oltrepassati, spostando la meta sempre più lontano, e sperando segretamente di non raggiungerla mai.
Camilla Nacci